15/04/2010
PRIVACY – DUE NUOVE SPECIFICHE DEL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI
Per informazioni rivolgersi a:
dott. Alessandro Faletti (alessandrofaletti@atseco.it)
d.ssa Sandra Campioli (sandracampioli@atseco.it)
Reggio Emilia, 15 Aprile 2010
Pubblico registro automobilistico e privacy
Si all’utilizzo dei dati per informazioni di pubblica utilità, no al marketing.
Le società del settore automobilistico, incluse le officine che offrono servizi di revisione, possono usare senza consenso i dati del Pubblico registro automobilistico (Pra) per inviare agli utenti comunicazioni di rilevante interesse pubblico, come la scadenza della revisione del veicolo, e questionari con finalità di ricerca. E’ necessario invece acquisire il preventivo consenso degli interessati per inviare informazioni pubblicitarie. Lo ha chiarito definitivamente il Garante al termine di una verifica avviata sulle modalità di trattamento dei dati contenuti nel Pra, l’archivio pubblico gestito dall’Aci che contiene le informazioni relative agli oltre 110 milioni di veicoli italiani (data di immatricolazione, numero di telaio e targa, dati anagrafici dell’intestatario, etc.).
L’intervento dell’Autorità trae origine da numerose segnalazioni di utenti che lamentavano di aver ricevuto, da società alle quali non avevano mai comunicato il proprio recapito, pubblicità, offerte per effettuare la revisione della propria vettura, questionari. In tutti i casi esaminati dal Garante, gli indirizzi degli utenti risultavano estratti dal Pra.
Con un provvedimento, di cui è stato relatore Giuseppe Chiaravalloti, il Garante ha innanzitutto confermato la sussistenza di un rilevante interesse pubblico a far conoscere informazioni che contribuiscono a migliorare la sicurezza nella circolazione degli autoveicoli, favoriscono la tutela ambientale o sono relative ad attività di ricerca economico-sociale o di statistica. E ha quindi stabilito che le società del settore automobilistico, comprese le officine autorizzate, e le società private di ricerche e consulenze economico-sociali possono utilizzare, anche senza consenso, i dati personali contenuti nel Pra per inviare questionari o comunicazioni con la notizia dell’imminente scadenza del periodo di revisione dell’auto. L’Autorità ha invece ribadito il divieto di utilizzare tali dati per mere finalità marketing (ad esempio, per l’invio di offerte su pezzi di ricambio e accessori), in assenza del preventivo consenso degli interessati.
In bagno senza il permesso dell’azienda
Il Garante vieta le autorizzazioni scritte per assenze momentanee
Viola la dignità e la riservatezza delle persone il datore di lavoro che obbliga i dipendenti a richiedere l’autorizzazione scritta per andare in bagno o, comunque, per allontanarsi temporaneamente dalla postazione di lavoro. Lo ha stabilito il Garante privacy giudicando illecito il trattamento dei dati effettuato con queste modalità da parte di un’azienda nei confronti dei propri operai.
Per monitorare l’allontanamento di qualsiasi addetto alla catena di montaggio la società aveva imposto ai suoi dipendenti di compilare appositi tagliandi di carta dove indicare il proprio nominativo, il reparto di appartenenza, l’orario e motivazione per cui ci si assentava. I permessi, pur restando nella disponibilità degli operai, dovevano essere controfirmati e autorizzati dal capo reparto. Al Garante, che aveva avviato accertamenti sul caso segnalato dalla stampa, la società aveva precisato che le informazioni raccolte con i tagliandi non erano registrate né conservate e che, pertanto, non veniva effettuato alcun trattamento di dati. L’utilizzo di questi permessi era comunque stato conseguenza di una non corretta interpretazione delle disposizioni impartite dalla direzione dello stabilimento e l’azienda aveva già provveduto a eliminarlo e a richiamare i capi delle singole unità.
L’Autorità ha invece stabilito che quello realizzato dalla società era a tutti gli effetti un trattamento di dati perché, anche se non trattenute o archiviate, le informazioni annotate sui tagliandi, comprese quelle relative alle esigenze fisiologiche degli operai, venivano conosciute dai responsabili che dovevano autorizzare gli allontanamenti. La modalità di trattamento, oltre che sproporzionata rispetto alle finalità per le quali veniva svolta, risultava peraltro lesiva della dignità dei lavoratori anche in considerazione del potenziale condizionamento della libertà di movimento che ne conseguiva. Il Garante ha dunque vietato l’uso dei permessi e ha prescritto all’azienda di predisporre nuove modalità di comunicazione degli allontanamenti dei dipendenti.