1/12/2009
SICUREZZA – GUARDIE GIURATE PARTICOLARI E USO DEL GIUBBOTTO ANTIPROIETTILE
Per informazioni rivolgersi a: Ing. Antonio Calabrese (antoniocalabrese@atseco.it)
Reggio Emilia, 11 Dicembre 2009
Nel presente articolo vengono commentate due sentenze della Cassazione riguardanti la mancata fornitura in un caso e il mancato uso nell’altro, di un Dispositivo di Protezione Individuale “salvavita”, ovvero di un giubbotto antiproiettile.
I fatti:
1) Guardia giurata ferita mortalmente durante una rapina e il cui Istituto di Vigilanza non aveva fornito il giubbotto antiproiettile (Sentenza n. 32286 del 29 settembre 2006 – Cassazione Penale Sez. IV)
2) Guardia giurata priva del giubbotto antiproiettile fornitole dall’Istituto di Vigilanza e ferita durante una rapina (Sentenza del 3 luglio 2008 n. 18376 – Corte di Cassazione)
Le sentenze in esame riguardano un ambito distante dalle situazioni lavorative più comuni, ma che in ogni caso ricadono sotto la tutela del D.Lgs. 81/08 (Sicurezza sul lavoro) e nell’ampio ambito di applicabilità del art. 2087 del Codice Civile.
Nella prima sentenza il legale rappresentante di un istituto di vigilanza è stato dichiarato colpevole del reato di omicidio colposo per la violazione degli obblighi contemplati dall’art. 2087 c.c. per aver omesso di fornire un giubbotto antiproiettile ad una guardia giurata addetta al servizio antirapina rimasta colpita mortalmente con arma da fuoco durante una rapina.
La sentenza è stata confermata dalla Corte di Appello secondo cui «l’applicazione dell’art. 2087 c. c. è applicabile in ogni caso» e che, «pertanto, al datore di lavoro è imposto, non soltanto il rispetto delle prescrizioni previste da norme di legge o da regolamenti, ma anche di tutte le altre misure che in concreto si rendano necessarie per la tutela della sicurezza della prestazione in base alla peculiare modalità di svolgimento dell’attività lavorativa (in questo caso la guardia giurata era esposta ad un rischio molto concreto di dover fronteggiare l’azione di malviventi armati) »
Conclude la Corte di Cassazione sostenendo che «in tema di reati colposi derivanti da infortunio sul lavoro, per l’addebito di colpa specifica, è sufficiente che l’evento dannoso si sia verificato a causa della violazione del disposto dell’art. 2087 c. c., che fa carico all’imprenditore di adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori».
Nella seconda sentenza la Corte di Cassazione ha affermato che il legale rappresentante è «tenuto a far rispettare continuativamente le misure di sicurezza da parte dei lavoratori».
Una guardia giurata, dotata dall’Istituto di Vigilanza di giubbotto antiproiettile, non lo indossava nello svolgimento delle mansioni, restando gravemente ferito durante una rapina.
La Corte, ha ritenuto che il legale rappresentante, avrebbe dovuto eseguire il necessario controllo circa l’effettiva collaborazione del dipendente nell’adozione della particolare misura di sicurezza costituita dall’indumento protettivo, controllo che, secondo la Corte, va effettuato con adeguata continuità.